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Il Geom. Stefano Farina ha analizzato, su PUNTOSICURO.it, la Circolare 16/2012 nella quale il Ministero del Lavoro fornisce indicazioni per il personale ispettivo in merito alle problematiche più riscontrate nella vigilanza nei cantieri edili, in particolare per l’utilizzo improprio di “sedicenti” lavoratori autonomi.
[Pubblicato su PUNTOSICURO.it]
Trento, 11 Lug – Dopo la pubblicazione del documento approvato dal “Gruppo Edilizia”del Coordinamento tecnico in materia di salute e sicurezza delle Regioni sul tema “ Lavoratori Autonomi, attività di cantiere” (si veda PuntoSicuro del 15 giugno 2012), un nuovo approfondimento su questo importante tema arriva con la pubblicazione da parte della Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali della circolare 16/2012.
La circolare ha come scopo principale quello di impartire indicazioni operative per il personale ispettivo e chiarire, per quanto possibile, le problematiche che vengono riscontrate sempre più frequentemente nel corso dell’attività di vigilanza nell’ambito del settore edile.
La premessa della circolare è molto esplicita e parla di utilizzo improprio di “sedicenti” lavoratori autonomi che però di fatto operano in cantiere inseriti nel ciclo produttivo delle imprese esecutrici dei lavori, svolgendo sostanzialmente la medesima attività del personale dipendente delle imprese stesse.
Chi opera in cantiere – siano essi Organi di Vigilanza, Coordinatori per la Sicurezza, Responsabili dei Lavori, ma l’aspetto riguarda anche e soprattutto i Committenti– è certamente cosciente del problema che sempre più frequentemente viene riscontrato relativo alla presenza di “presunti”lavoratori autonomi che in realtà di autonomia ne hanno effettivamente poca o nulla.
A dare peso a questa – che visti i dati non risulta essere solo una sensazione –vengono in aiuto le rilevazioni dell’ANCE sui dati ISTAT relativi all’anno 2011, secondo cui il numero di lavoratori autonomi (senza dipendenti) che svolgono attività in cantiere risulta superiore rispetto alla categoria dei lavoratori subordinati (di poco maggiore del 51%). La circolare si sofferma poi brevemente sulle formule “aggregative” di dubbia legittimità quali ad esempio le associazioni temporanee di lavoratori autonomi ai quali viene affidata, da parte di committenti privati, l’esecuzione anche integrale di intere opere edili.
Veniamo ora ad analizzare nel dettaglio i contenuti della circolare che, come evidenziato dall’estensore stesso, non vuole costituire principi di carattere generale in ordine ai criteri di distinzione tra prestazioni autonome e prestazione subordinate, ma solo come istruzioni di carattere tecnico necessarie al personale ispettivo uniformandone anche comportamenti e valutazioni.
In primo luogo viene sottolineata la definizione di lavoratore autonomo come individuata dall’articolo 89, comma 1 lett. d) del D. Lgs n. 81/2008 e s.m.i., ai sensi del quale per lavoratore autonomo deve intendersi “la persona fisica la cui attività professionale contribuisce alla realizzazione dell’opera senza vincolo di subordinazione”, a tal proposito viene pure precisato che alla luce del consolidato orientamento della Suprema Corte, l’imprenditore “tout court” ovvero l’imprenditore artigiano può svolgere attività di natura subordinata purché in misura non prevalente rispetto a quella di tipo autonomo (cfr. Cass. Sez. Unite n. 3240/2010).
In secondo luogo il riferimento, ai fini della verifica, è senza dubbio quello connesso al possesso ed alla disponibilità (intesa come proprietà, possesso o comunque disponibilità giuridica) di una consistente dotazione strumentale rappresentata da macchine ed attrezzature. A solo titolo di esempio vengono citati ponteggi, macchine edili, motocarri, escavatori, apparecchi di sollevamento. Mentre per contro viene precisato che la disponibilità di minuta attrezzatura (secchi, pale, picconi, martelli, carriole, funi) risulta inidonea a dimostrare l’esistenza di un’autonoma attività imprenditoriale.
Importante è anche l’aspetto nel quale la disponibilità delle macchine ed attrezzature specifiche per la realizzazione dei lavori venga data (a titolo gratuito od oneroso) dall’impresa esecutrice o addirittura dal committente. Tale circostanza è certamente un elemento sintomatico della non genuinità della prestazione di carattere autonomo. Ricordiamo che la verifica dell’idoneità tecnico professionale dei lavoratori autonomi (prevista dall’articolo 90 comma 9 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.), fa esplicito riferimento precedentemente ed indipendentemente dall’affidamento del singolo lavoro, alla disponibilità di macchine, di attrezzature ed opere provvisionali la cui conformità deve essere opportunamente documentata (vedasi al riguardo l’allegato XVII D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.).
Un ulteriore elemento di verifica, anche se non decisivo per il settore dell’edilizia, riguarda il riscontro di un’eventuale monocommittenza.
Al fine di supportare un regime di “presunzione” di lavoro autonomo, od al contrario di non “genuinità” del rapporto di lavoro, vengono poi fatte alcune considerazioni in relazione alla specifica situazione oggetto dell’accertamento al fine di inquadrare i margini della citata “autonomia” nell’ambito del ciclo complessivo dell’opera edile.
Se –fatti salvi i debiti controlli e verifiche – non siano mai sorti particolari problemi di inquadramento della prestazione autonoma per le attività di completamento dell’opera (finitura e realizzazione impiantistica), meno verosimile appare la compatibilità di prestazioni di lavoro di tipo autonomo con riferimento a quelle attività consistenti nella realizzazione di opere strutturali del manufatto (sbancamenti, costruzione delle fondamenta, di opere in cemento armato e di strutture in elevazione in genere), svolte da specifiche categorie di operai quali quelle del manovale edile, del muratore, del carpentiere e del ferraiolo. Lo svolgimento di tali mansioni risulta, infatti, legato ad un cronoprogramma ed ad un coordinamento tra lavoratori tramite un’attività unitaria ed organica, che difficilmente risulta compatibile con una prestazione dotata delle caratteristiche dell’autonomia quanto a “tempi e modalità di esecuzione” dei lavori.
Sempre per quanto riguarda gli aspetti presuntiviil personale ispettivo è tenuto a considerare rapporto di lavoro subordinato le prestazioni di lavoratori autonomi iscritti nel Registro delle Imprese o all’Albo delle Imprese Artigiane adibiti alle seguenti attività:
-manovalanza;
-muratura;
-carpenteria;
-rimozione amianto;
-posizionamento di ferri e ponti;
-addetti a macchine edili fornite dall’impresa committente o appaltatore.
Tale presunzione si applica anche nelle ipotesi in cui il Committente, assumendo la veste di datore di lavoro, affidi la realizzazione dell’opera esclusivamente a lavoratori autonomi, di fatto totalmente eterodiretti, ovvero lavoratori che lasciano che le proprie azioni vengano guidate dagli altri e pertanto privi di autonomia decisionale.
In relazione ai provvedimenti sanzionatori da irrogare, la nota conclude precisando che, in tutti i casi di disconoscimento della natura autonoma delle prestazioni, il personale ispettivo è tenuto alla contestazione al soggetto utilizzatore, oltre che alle violazioni di natura lavoristica connesse alla riconduzione delle prestazioni al lavoro subordinato ed alle conseguenti evasioni contributive, anche quegli illeciti riscontrabili in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro in materia di sorveglianza sanitaria e di mancata formazione ed informazione dei lavoratori adottando apposito provvedimento di prescrizione obbligatoria ai sensi del D. Lgs n. 758/1994.
Concludiamo con un piccolo schema riassuntivo di quanto indicato dalla circolare 16/2012.