APPALTI PUBBLICI: BIM BUM BAM & BIT

BIM BUM BAM & BIT

Sicurezza cantieri e il (forse) obbligo di utilizzo delle nuove tecnologie informatiche. Il rischio di un nuovo art. 18 del 55/1990

 

L’editoriale del Giornale dei Coordinatori AiFOS a cura di Stefano Farina

 

Oggi provo a riflettere di BIM (Building Information Modeling) ovvero della rivoluzione della progettazione ed esecuzione dei lavori, che parte dall’evoluzione degli strumenti informatici (software, hardware e non solo) che permettono di gestire tutte le informazioni (dati) relativi alla fase progettuale, realizzativa e manutentiva di un’opera.

L’insieme BIM è suddiviso in varie dimensioni[2], di cui una la, 8D, aggiunge (o aggiungerà) al modello geometrico della costruzione le informazioni relative alla sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione dell’opera.

Ormai da molti anni la direzione è presa e le prime scadenze sono già entrate in vigore il 1° gennaio 2019, con l’adozione della metodologia BIM obbligatoria per tutti gli appalti di importo superiore ai 100 milioni di euro).

Ora, con l’emanazione del nuovo Codice dei Contratti, è stata definita la nuova tappa[3] ed a decorrere dal 1° gennaio 2025, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adotteranno metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni per la progettazione e la realizzazione di opere di nuova costruzione e per gli interventi su costruzioni esistenti per importo a base di gara superiore a 1 milione di euro.

Questa scadenza, già prevista anche in norme precedenti (anche se con tempistiche differenti), sembra lontana, ma in realtà si tratta ormai di meno di 15 mesi, che nel mondo dei lavori/Enti pubblici può sembrare un’eternità, ma invece è un “nulla”, soprattutto se pensiamo che tutti i soggetti che dovranno attivarsi per attuarla sono già pressati da mille altre incombenze (pensiamo alle scadenze del PNRR in primis), dalla carenza sistemica di personale e dalla necessità di risorse economiche ed umane per una reale ed efficace attuazione.

Sottolineando che il BIM non è semplicemente (come molte volte si può pensare) un modello 3D del progetto, ma un insieme di informazioni condivise alle quali accedono i diversi attori del processo costruttivo: dal Committente ai Progettisti, dalle Imprese Esecutrici a quelle destinate alla Manutenzione, utilizzare un flusso di lavoro BIM implica la capacità di tutti i soggetti che partecipano alla realizzazione dell’opera (e poi alla sua manutenzione) di archiviare le informazioni relative alle singole componenti del modello BIM in modo sistematico e in funzione del fine ultimo per il quale il modello BIM dovrà essere impiegato.

Non voglio certamente demonizzare il BIM che ritengo una metodologia molto utile e funzionale (se correttamente gestita), ma ritengo sia comunque importante evidenziare l’attuale situazione che in realtà è abbastanza differente rispetto agli auspici dei disposti normativi.

È chiaro, infatti, che le piccole stazioni appaltanti non sono e non saranno pronte a questa “rivoluzione”, già ora le difficoltà sono enormi con carenza di personale e carenza di sistemi informatici (sia hardware che software) e se in fase di appalto vi potranno essere sistemi di “aiuto” (leggasi centrali uniche di committenza), in fase di esecuzione dei lavori e – successivamente – manutenzione i problemi saranno più che evidenti.

Un ulteriore aspetto da considerare è quello dimensionale degli studi di progettazione, dove ormai la direzione è segnata da molti anni e la spinta è quella verso le grosse società di ingegneria che saranno in grado di adeguarsi a quanto previsto dalla normativa, mentre i medi/piccoli studi professionali, cuore pulsante della nostra realtà nazionale, non avranno le risorse per poter competere sul mercato (parliamo di licenze che vanno mediamente dai 5.000 ai 10.000 euro all’anno, oltre che a strumenti hardware adeguati che possono portare ad un aumento esponenziale dei costi – investimenti che magari per un progetto di poco superiore al milione di euro vinto con ribassi elevati – come spesso avviene – non risultano sostenibili) e pertanto molti studi di progettazione rischieranno di perdere parte del mercato ed il mercato perderà una storia professionale fondamentale per le conoscenze ed esperienza acquisite (non sempre è facile consorziarsi tra più soggetti).

Ed infine la criticità della realtà produttiva dell’edilizia ed impiantistica che nel nostro Paese è costituita in prevalenza da piccole aziende con un’organizzazione limitata (datore di lavoro, numero limitato di dipendenti, poco o nullo personale amministrativo/tecnico) e che non saranno certamente in grado di gestire commesse con metodologia BIM ed anche in questo caso si evidenzierà un depauperamento del territorio con la scomparsa di tante piccole aziende locali.

E la sicurezza sul lavoro?

Affrontiamo ora la dimensione 8D del BIM, quella della sicurezza in fase di progettazione e realizzazione dell’opera. Fermo restando nell’allegato I.7[4] troviamo disciplinato che il  piano di sicurezza e di coordinamento può essere supportato da modelli informativi (ovvero potrebbe non divenire automaticamente un obbligo se non precisato/richiesto dalla stazione appaltante), la valutazione forse un po’ semplicistica, ma a mio avviso molto attuale, ricorda tanto quanto avvenne nel 1990 dove, all’interno dei cantieri pubblici, era necessario avere il “piano delle misure per la sicurezza fisica dei lavoratori” e tale piano veniva prodotto con i “primi” sistemi informatizzati e nella maggior parte delle volte era semplicemente un pacco di carte che dimostravano il corretto adempimento alla norma, ma che sulla sicurezza del cantiere, poco incideva.
Piano delle misure per la sicurezza fisica dei lavoratori che negli anni è diventato (cambiando da DOS a Windows, modificando copertine e qualche indicazione), DVR settore edilizia, PSC, POS e via dicendo. Ovvero un’insieme di informazioni sempre uguali e poco funzionali ad un’effettiva sicurezza dei lavoratori all’interno del cantiere.

Ecco il rischio è proprio questo, che ancora una volta ci si soffermi di più sulla forma con bellissime realizzazioni 8D del cantiere, graficamente eccezionali ed intelligenti, contenute in archivi informatici (database) iper-gestiti ed iper-interconnessi, ma che poco hanno a che vedere con la sicurezza del cantiere, dei lavoratori e del contesto in cui il cantiere sorgerà e si svilupperà.
Un rischio che vedrà, non conoscitori della materia “sicurezza” impegnati nella progettazione della stessa, ma informatici e grafici (senza nulla togliere a queste due categorie che sono comunque fondamentali nel sistema di progettazione della sicurezza sul lavoro) che su input standard daranno risultati molto belli e funzionali, ma standard e non personalizzati per i rischi presenti nello specifico cantiere.

Il rischio è che da documenti della sicurezza composti da pacchi di carta, si passi a documenti della sicurezza composti da pacchi di BIT[5], senza nessun valore aggiunto e senza alcun tipo di miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori impiegati nei cantieri.

Qualcuno si chiederà cosa c’entrano il bum ed il BAM del titolo di questo editoriale (del BIM e dei BIT abbiamo parlato a noia). Bum e BAM sono due termini che molte volte nei fumetti corredano un’immagine nella quale qualcuno va a sbattere, cade, impatta in qualcosa. E nei cantieri le cadute dall’alto sono ancora al vertice degli infortuni. L’auspicio è che BIM e BIT servano a ridurre questa tragica realtà, diventando effettivi strumenti operativi e non siano, ancora una volta, il fine ultimo di una bella rappresentazione progettuale che poi della sicurezza, per svariati motivi, non ultimo quello economico[6], poco tiene conto.

 

Leggi anche l’articolo di Marco Masi dal titolo “IL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI E I PROCESSI DI DIGITALIZZAZIONE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE” che – partendo dalle riflessioni del Geom. Stefano Farina pubblicate nell’editoriale “BIM BUM BAM & BIT” – approfondisce l’argomento relativo all’utilizzo del BIM ed ai processi di digitalizzazione nella pubblica amministrazione.

Comprendo bene i dubbi sollevati, in maniera garbata ed ironica, nell’editoriale “BIM bum BAM & BIT” di Stefano Farina, di cui ho sempre apprezzato l’impegno verso i temi sociali delle tutele sul lavoro, soprattutto nei cantieri. Il suo intervento offre un contributo lucido sulle possibili “derive” che un uso non corretto del BIM potrebbe generare, allontanando di fatto l’attenzione verso una pianificazione della sicurezza in cantiere “concreta ed efficace”.
Stefano, nel sottolineare che il BIM non è semplicemente “un modello 3D del progetto”, ma un insieme di informazioni condivise, in grado di archiviare informazioni in modo sistematico, pone in realtà l’attenzione sulla capacità effettiva di applicare quei principi e, soprattutto, di non cadere nel rischio che ancora una volta ci si soffermi di più sulla forma con bellissime “elaborazioni”, contenute in archivi informatici “iper-gestiti ed iper-interconnessi” come scrive con ironico distacco, ma che poco hanno a che vedere con la sicurezza del cantiere, dei lavoratori e del contesto in cui il cantiere sorgerà e si svilupperà.
La strada è tuttavia tracciata e tra i vantaggi del BIM, che prefiguro rispetto ai metodi tradizionali,…”

Fai click qui per andare all’articolo completo.

 


[1] Legge 19 marzo 1990, n. 55 (in Gazz. Uff., 23 marzo, n. 69). – Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale. (ANTIMAFIA)
Articolo 18 – Comma 8
8. Le stazioni committenti stabiliscono a carico delle imprese esecutrici l’obbligo di predisporre, prima dell’inizio dei lavori, il piano delle misure per la sicurezza fisica dei lavoratori. Tale piano è messo a disposizione delle autorità competenti preposte alle verifiche ispettive di controllo dei cantieri.

[2] CLASSIFICAZIONE BIM
Oltre alle due canoniche della progettazione che derivano dal vecchio “spazio carta”, il BIM ne aggiunge delle altre che hanno lo scopo di gestire le informazioni relative a materiali, costi, tempi di realizzazione, ovvero rappresentare gli altri ambiti di informazione.
Le dimensioni BIM fanno dunque riferimento ai diversi livelli di informazione di un modello BIM:

3D – modellazione tridimensionale;
4D – gestione della programmazione (analisi dei tempi);
5D – gestione informativa economica (analisi dei costi);
6D – valutazione della sostenibilità (sociale, economica e ambientale);
7D – gestione e facility management.

Oltre a queste dimensioni che possiamo definire canoniche, esiste da tempo un dibattito aperto su tre “nuove dimensioni del BIM”:

8D: sicurezza in fase di progettazione e realizzazione dell’opera;
9D: costruzione snella;
10D: industrializzazione delle costruzioni.

[3] D.Lgs. 36/2023 – Codice dei Contratti
Art. 43. (Metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni)
1. A decorrere dal 1° gennaio 2025, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni per la progettazione e la realizzazione di opere di nuova costruzione e per gli interventi su costruzioni esistenti per importo a base di gara superiore a 1 milione di euro. La disposizione di cui al primo periodo non si applica agli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, a meno che essi non riguardino opere precedentemente eseguite con l’uso dei suddetti metodi e strumenti di gestione informativa digitale.

[4] ALLEGATO I.7 – Contenuti minimi del quadro esigenziale, del documento di fattibilità delle alternative progettuali, del documento di indirizzo della progettazione, del progetto di fattibilità tecnica ed economica e del progetto esecutivo
SEZIONE II – PROGETTO DI FATTIBILITÀ TECNICO-ECONOMICA
Articolo 6 – Progetto di fattibilità tecnico-economica

o) piano di sicurezza e di coordinamento, finalizzato alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nei cantieri, ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché in applicazione dei vigenti accordi sindacali in materia. Stima dei costi della sicurezza. Il piano di sicurezza e di coordinamento può essere supportato da modelli informativi.

[5] Il termine BIT è generalmente utilizzato per definire la più piccola unità di informazione elettronica; più bit formano un byte. Mentre la capacità di memoria degli hard disk è data in byte, le velocità di trasferimento dati sono indicate in bit.

[6] Vedasi l’approfondimento pubblicato sul Quaderno AiFOS 02/2023 dal titolo “MANUTENZIONE E DETERIORAMENTO DEGLI EDIFICI ED ADEMPIMENTI NECESSARI PER LA LORO SICUREZZA” – Cosa succede quando il fattore manutentivo non viene correttamente considerato nella progettazione ed utilizzo di un edificio.

 

Articolo per Il Giornale dei Coordinatori pubblicato sul sito di AiFOS il 23/10/2023.