Tessera di Riconoscimento dei Lavoratori negli appalti

MINIGUIDA: La tessera di Riconoscimento dei Lavoratori

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Tessera Riconoscimento Lavoratori

La MINIGUIDA riporta le informazioni relative agli obblighi di predisposizione della tessera di Riconoscimento dei Lavoratori.

 

 


 

APPENDICE NORMATIVO

Come appendice normativo alla guida, di seguito riportiamo le note relative ai provvedimenti in materia di Tessera di riconoscimento dei Lavoratori.

 

[ultimo aggiornamento 31 agosto 2023]

 

In merito all’inserimento sulla Tessera di Riconoscimento dei Lavoratori della data di nascita e di altri dati personali, vi sono alcuni documenti ufficiali che devono essere presi in esame e che, talune volte divergono tra loro :

  • LEGGE 13 agosto 2010, n. 136

Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia. (10G0162) note: Entrata in vigore del provvedimento: 07/09/2010 (Ultimo aggiornamento all’atto pubblicato il 21/09/2011) (GU n.196 del 23-08-2010)

Art. 5 (Identificazione degli addetti nei cantieri)

      1. La tessera di riconoscimento di cui all’articolo  18,  comma  1, lettera u), del decreto  legislativo  9  aprile  2008,  n.  81,  deve contenere, oltre agli elementi ivi  specificati,  anche  la  data  di assunzione e, in caso di subappalto, la relativa autorizzazione.  Nel caso di lavoratori autonomi, la  tessera  di  riconoscimento  di  cui all’articolo 21, comma 1, lettera c), del citato decreto  legislativo n. 81 del 2008 deve contenere anche l’indicazione del committente.

 

  • Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA DIVISIONE I – Prot. n. 25/I/4192 – CIRCOLARE 28 settembre 2006, n. 29

I dati contenuti nella tessera di riconoscimento devono consentire l’inequivoco ed immediato riconoscimento del lavoratore interessato e pertanto, oltre alla fotografia, deve essere riportato in modo leggibile almeno il nome, il cognome e la data di nascita.

 

  • Interpello n. 41/2008 del 3 ottobre 2008 – Prot. 25/I/0013426 – Art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – art. 36 bis, comma 3, D.L. n. 223/2006 conv. da L. n. 248/2006 del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali – Direzione Generale per l’attività ispettiva, riguardante i dati da riportare sul tesserino di riconoscimento per il personale occupato nei cantieri edili e rispetto del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. n. 196/2003).

 

  • Provvedimento del Garante della Privacy

In esso il Garante precisa come il cartellino di riconoscimento del dipendente non deve necessariamente indicare tutti i dati anagrafici e le generalità. Può infatti bastare l’indicazione di un codice identificativo, il nome o il ruolo professionale svolto.

Di seguito riportiamo il parere del Garante “[doc web n. 30991] :

 

Lavoro e previdenza sociale – Cartellini identificativi dei lavoratori – 11 dicembre 2000

 

Il provvedimento interessa i dipendenti di pubbliche amministrazioni, aziende sanitarie, compagnie aeree, aziende di trasporto, servizi di ristorazione, ecc. e individua i presupposti e le garanzie per gli interessati per ciò che riguarda l´inclusione delle loro generalità e di altri dati personali nei badge o cartellini identificativi utilizzati sul posto di lavoro.

 

PREMESSO:

Sono giunte a questa Autorità molte richieste di parere formulate, in particolare, da pubbliche amministrazioni, aziende sanitarie, compagnie aeree e aziende di trasporto o di servizi di ristorazione, oltre che da diretti interessati, in merito alla conformità alla legislazione sulla protezione dei dati personali delle normative contrattuali od organizzative che impongono al personale a contatto con il pubblico (ad esempio, personale di volo e di terra di compagnie aeree; personale paramedico o impegnato in servizi di ristorazione, ecc.) di appuntare sul vestito o sulla divisa un cartellino identificativo, che contiene svariati dati personali, seppure secondo scelte tra loro in parte differenziate delle diverse fonti che prevedono questi cartellini identificativi.

 

Questo fenomeno, piuttosto diffuso specialmente negli ultimi anni, risponde ad evidenti finalità di miglioramento del rapporto fra operatori pubblici o privati ed utenti dei servizi o clienti degli esercizi commerciali, attraverso una maggiore responsabilizzazione del personale e una più agevole possibilità degli utenti o dei clienti di comprendere la qualificazione dei diversi soggetti con cui entrano in rapporto e di potersi quindi tutelare in modo adeguato.

 

Molti dei ricorrenti, pur affermando di condividere queste finalità, lamentano che l´esposizione al pubblico di alcuni dati personali che possono portare ad un´agevole identificazione, come ad esempio la denominazione personale o i dati anagrafici, diffonderebbe in modo eccessivo ed ingiustificato dati personali, esponendo gli interessati anche a possibili improprie pressioni da parte di chi ne venga così a conoscenza, come pure a successivi contatti per ragioni estranee all´attività lavorativa.

 

La legislazione italiana sulla protezione dei dati personali, in attuazione della direttiva n. 95/46/CE, pone una serie di norme al fine di garantire in una società caratterizzata da ampli flussi informativi, che “il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, nonché della dignità delle persone fisiche”, secondo quanto prescrive l´art. 1, comma 1, della legge 31 dicembre 1996, n. 675 .

 

Uno dei principi fondamentali della direttiva europea e della legislazione italiana appare quello secondo cui i dati personali trattati devono essere pertinenti e non eccedenti rispetto alla finalità perseguita: se, infatti, il perseguimento di una determinata finalità legittima una limitazione della riservatezza personale, questa deve essere però ridotta al minimo indispensabile.

 

Fra le forme di trattamento dei dati personali vi è anche la diffusione, che incontra limiti particolari, in quanto idonea a trasmettere i dati personali ad un numero indeterminato di persone, con quindi una conseguente definitiva rinuncia a tutelare la riservatezza personale dei dati così diffusi.

 

Per questo motivo le disposizioni degli articoli 20 e 27, commi 3 e 4 , della legge n. 675/1996, rispettivamente per il settore privato e pubblico, ammettono la diffusione di dati personali solo a precise condizioni, al di là dell´ipotesi dell´espresso e volontario consenso dell´interessato.

 

Il caso in esame, consistente nella diffusione dei dati personali dei dipendenti riportati sui cartellini di identificazione, può quindi trovare il suo fondamento nella previsione che i soggetti privati possono diffondere dati personali “in adempimento di un obbligo previsto da una legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria” e che i soggetti pubblici possono far ciò se è previsto “da norme di legge o di regolamento”. La circostanza poi che a portare il cartellino sia lo stesso dipendente interessato non far venir meno il fatto che si tratta pur sempre di una forma di diffusione di dati operata su disposizione del datore di lavoro.

 

Nell´ambito del rapporto di lavoro di tipo privato il dovere di portare in modo visibile un cartellino personale identificativo sembra trovare fondamento in alcune prescrizioni di accordi sindacali aziendali o dei cosiddetti “regolamenti aziendali”, il cui rispetto può essere ricondotto alle prescrizioni del contratto di lavoro. Peraltro deve notarsi che non di rado il cartellino di riconoscimento personale sembra cumulare finalità diverse, alcune delle quali relative alla vita interna all´azienda (controlli sulle entrate ed uscite dall´azienda, riconoscimento da parte di colleghi o dirigenti, accessi ad aree riservate) ed altre relative invece ai rapporti con gli utenti o i clienti.

 

Relativamente a questa ultima finalità, non risulta di alcuna utilità che appaiano sul cartellino (o sulla parte del cartellino agevolmente visibile da chiunque) dati personali quali quelli identificativi delle generalità e di quelli anagrafici, a differenza dell´immagine fotografica, della definizione del ruolo professionale svolto ed eventualmente di un nome, numero o sigla identificativi, che già da soli possono permettere un agevole esercizio da parte dell´utente o del cliente dei loro diritti. In applicazione quindi del principio di pertinenza e di non eccedenza, appare ingiustificabile la compressione della riservatezza personale nei limiti suddetti.

 

Ad analoghe conclusioni deve giungersi anche in riferimento al settore pubblico e non solo ovviamente in riferimento a rapporti di lavoro che siano stati integralmente “privatizzati”.

 

In alcuni atti amministrativi di natura organizzativa o con funzioni di indirizzo, sia a livello nazionale che a livello locale, si prescrive, al fine di una maggiore trasparenza e responsabilità soprattutto alla luce dei principi della legge 241/1990, che alcune strutture della pubblica amministrazione o i concessionari pubblici prevedano l´adozione da parte del loro personale di cartellini identificativi personali. Anche in questo caso, specie in assenza di precise disposizioni di legge o di regolamento che prescrivano puntualmente il contenuto dei cartellini identificativi, appare non giustificabile che amministrazioni pubbliche o concessionari pubblici impongano la diffusione di elementi identificativi personali non pertinenti ed inutilmente eccedenti rispetto alle finalità di responsabilizzare maggiormente il personale e di fornire agli utenti una conoscenza sufficiente degli operatori con cui entrano in rapporto.

 

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

 

segnala ai datori di lavoro pubblici e privati, ai sensi dell´art. 31, comma 1, lett. c), della legge n. 675/1996 , la necessità di conformare il trattamento di dati personali svolto in materia di cartellini identificativi per il personale dipendente alle indicazioni del presente provvedimento.

 

Roma, 11 dicembre 2000

 

IL PRESIDENTE

Rodotà”

 


MINIGUIDA

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